Il nuovo anno è iniziato all’insegna della fraternità e della condivisione. Noi juniores, giovani suore elisabettine nei primi anni di professione, ci siamo ritrovate ad Assisi insieme ad altre suore di diverse famiglie religiose francescane per vivere dei giorni di formazione.
Durante il convegno abbiamo riflettuto e meditato sulla tematica delle ferite. Ci siamo poste dinanzi alla nostra umanità, anch’essa fragile e ferita, alla luce della Parola di Dio, della vita di Cristo e dell’esperienza delle stimmate vissuta da Francesco d’Assisi, di cui quest’anno ricorre l’8° centenario.
Una fragilità preziosa e amata
«È perché sono fragile, che sono prezioso». Sono parole ascoltate in uno dei momenti di riflessione di questi giorni di convegno, parole che mi hanno subito colpita.
Pensando alla nostra umanità, impastata di qualità, doni, relazioni, bellezza, ma anche di limiti, debolezze e lati di noi non proprio “amabili”, non viene immediato considerare la nostra fragilità come il luogo della nostra preziosità. Anzi, verrebbe da pensare: «Sì, siamo preziosi, abbiamo in noi capacità, potenzialità, siano unici e irripetibili, anche se siamo comunque limitati, fragili».
Eppure la nostra preziosità non esclude i lati di debolezza e di limite che ci appartengono. Un vaso, proprio perché è fragile e delicato, è prezioso; così anche la nostra fragilità e le nostre ferite sono preziose: sono il luogo in cui Dio ci ama e si prende cura di noi.
In questi giorni è risuonato forte in me l’invito a prendermi cura, delle mie ferite e di quelle degli altri, e a riconoscere che è proprio accogliendo la cura di Dio nel nostro terreno fragile e prezioso che è possibile trasformare le nostre ferite in feritoie per nuovi passi di crescita. Questo è importante non solo in un cammino di formazione alla vita religiosa, ma in ogni cammino vocazionale, in ogni scelta di vita. Accogliere la mia e altrui fragilità, ponendola nelle mani di Dio, è la strada per integrare le ferite con gli ideali e con la passione, ovvero con l’adesione libera e gioiosa alla pienezza del vero bene.
È un cammino che interpella la mia libertà e responsabilità e che soprattutto richiede gradualità: passo dopo passo, ogni giorno, mi è data l’opportunità di guardare con occhi nuovi ciò che in me è fragile e prezioso, di scorgere le possibilità di crescita nell’accoglierlo e nel consegnarlo a Dio, con fiducia nella sua cura per me.
suor Chiara
Sul monte con Francesco
Sui passi di Francesco ci siamo recate sul monte La Verna per vivere un tempo di ritiro e pellegrinaggio. Nella giornata siamo state accompagnate a meditare sull’esperienza che qui visse il santo di Assisi.
Mi ha molto colpito fare memoria di come egli sia giunto all’epoca in questo luogo durante l’estate del 1224: era un uomo sofferente e ferito nello spirito, forse anche un po’disorientato. Non capiva più i suoi frati e, a sua volta, non era più compreso da loro. Francesco era salito sul monte con il desiderio di stare con Dio e la speranza di ricevere da Lui una risposta, una luce, che gli si rivelò attraverso l’impressione delle stimmate.
Mi piace l’atteggiamento di quest’uomo: si pone dinanzi al Padre con tutto ciò che lo abita, senza nascondersi. Contemplandolo ho sentito rinnovarsi anche per me l’invito a non nascondere le mie fatiche e ferite al Signore ma a consegnarle, a stare sempre in un dialogo sincero e profondo con lui, affinché possa sanarle e trasformarle da luogo di dolore a luogo di amore e salvezza.
Un altro aspetto di questa giornata che porto con me è la memoria dei luoghi in cui Francesco ha vissuto il suo incontro più intimo con il Signore. Una natura aspra ma allo stesso tempo accogliente, essenziale e avvolta dal silenzio. Proprio qui egli amava sostare per pregare e in essa era capace di riconoscere la presenza di Dio.
Francesco ricorda oggi a me che il Signore è nell’inaspettato, nel sussurro di una brezza leggera, e per questo a volte è necessario ritirarsi sul monte, fare silenzio, per poter ascoltare meglio la sua voce e poi tornare a valle e riprendere il cammino.
suor Annamaria
Interculturalità
Incontrarsi e celebrare la vita consacrata con le varie famiglie francescane è sempre un’occasione di gioia. Quest’anno ho avuto l’opportunità di partecipare a questo convegno e di contemplare la ricchezza della spiritualità francescana, radicata in ogni carisma e in ogni realtà in cui le diverse famiglie francescane sono immerse.
Ho goduto della diversità di ogni persona, di conoscere le sue radici e un po’ della cultura del suo paese. Un momento particolare è stata una serata in cui ognuna di noi ha rappresentato il proprio paese, e quello che sta vivendo, con qualcosa di tipico, sia con balli, canti, giochi o dinamiche. Sono rimasta molto colpita e commossa dalla danza e dal canto di due suore, una ucraina e l’altra russa, che hanno espresso la realtà della guerra e l’anelito alla pace.
In varie opportunità, nelle conversazioni formali e informali, abbiamo potuto condividere le nostre esperienze e vedere che le culture sono diverse e varie e che hanno molte sfide, sia a causa della lingua, dei diversi cibi e costumi, ecc., che spesso si scontrano con ciò a cui siamo abituati e ci fanno soffrire, ma che si trasformano in ricchezza e possibilità se ci apriamo a ciò che è diverso, senza pregiudizi.
Ho vissuto questi giorni di incontro come un dono di Dio. Sono stati una grande opportunità per arricchirmi come consacrata francescana, di conoscere molte sorelle e sentirmi parte di questa grande famiglia.
suor Cintia
Grazie per queste Riflessioni profonde. Sono Utili e Preziose per Riscoprire quanto Sono FraGile e Preziosa. Preghiamo per tutte Voi e che il Buon Dio possa suscitare Nuove Vocazionj.
Grazie grazie per la profonda comunicazione della vostra esperienza. Le vostre riflessioni mi hanno regalato “luce” che illuminano anche la mia vita!!! Grazie, sorella Chiara, grazie sorella Annamaria, grazie sorella Cintia!